Chi ha rapito i consiglieri regionali nella terra di Sciascia e Camilleri?
“La mafia era, ed è, altra cosa: un sistema che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel vuoto dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma «dentro» lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta.”
(Leonardo Sciascia, 1972)
Palermo, Assemblea Regionale siciliana: all’appello mancano sessantadue consiglieri. L’ordine del giorno prevede l’approvazione della legge di bilancio, attesa e discussa da mesi, da cui dipendono i tanto preziosi finanziamenti per l’anno successivo. Dopo la notizia, le prime ricerche portano a un unico risultato: i consiglieri sono scomparsi nel nulla. Le indagini vengono affidate al capo della squadra mobile, Marco Simoncini, poliziotto toscano in attesa di un imminente trasferimento. Simoncini è dunque costretto ad addentrarsi nei difficili meandri della vita politica siciliana, di cui non conosce la complessità.
Tra case eleganti, mercati pittoreschi, commissariati oberati di lavoro e manifestanti esasperati, si dispiega un romanzo ironico e a tratti crudele, dall’epilogo sorprendente.
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